15 gennaio 2015. In questo giorno sono state collocate le prime pietre d’inciampo a Bolzano grazie all’iniziativa dell’Archivio Storico della città di Bolzano. Ma cosa sono le pietre d’inciampo? Un museo diffuso composto da cubetti di ottone che ricordano le persone perseguitate dalla furia nazifascista.
Un’idea nata dall’artista tedesco Günther Demnig e che sta prendendo piede in tutta Europa: sulle Stolpersteine sono indicati i dati delle persone esportate nei campi di concentramento. Sono poste davanti alle loro abitazioni o ai luoghi dove hanno lavorato; basta guardare per terra per scoprirne la loro storia.
Dopo una breve introduzione storica, ti racconto di un itinerario per ricordare le vittime bolzanine che persero la vita in modo tragico. Per un approfondimento sul fascismo in Alto Adige, ti consiglio di leggere anche:
- Il fascismo e il processo di italianizzazione dell’Alto Adige
- L’architettura fascista a Bolzano: luoghi e musei
Pillole di storia
Il progetto delle pietre d’inciampo a Bolzano nasce dallo studio di Sabine Mayr e Hannes Obermair. Grazie a loro sono state ricostruite le storie delle 25 persone vissute nel capoluogo alto atesino e vittime dell’olocausto.
Ecco i passaggi principali dei tragici eventi che si sono susseguiti in Alto Adige e in particolare a Bolzano.
22 agosto 1938
L’Ufficio Centrale Demografico (diventato poi “Direzione generale per la demografia e la razza”) ha adottato le prime misure antiebraiche. E’ stato creato un censimento della popolazione ebraica su tutto il territorio italiano: in Alto Adige sono conteggiati 938 ebrei, di cui 69 residenti a Bolzano.
10 settembre 1943
L’Italia settentrionale è occupata dalle truppe tedesche attraverso l’Operationszone Alpenvorland ovvero “Zona d’operazioni delle Prealpi”. Una campagna che porta all’arresto e alla deportazione di tutti gli ebrei residenti sul territorio e Merano è la località alto atesina maggiormente colpita perché ospita un’importante comunità ebraica.
Anche Bolzano non ne è rimasta immune
16 settembre 1943
25 persone sono arrestate a Bolzano nella cantina della Casa dei Balilla, caricate sui furgoni e deportate nell’Arbeitserziehungslager (Campo di educazione al lavoro) di Innsbruck. Un campo di concentramento attivo dal 1941 al 1945 dove passarono molti deportati italiani.
Solo Valeska von Hoffmann sopravvisse: nell’autunno del 1945 ritorna a Merano, dove viveva prima della guerra con il marito. La sua casa nel frattempo è stata saccheggiata e non le rimane più nulla. Decide così di ricominciare affittando una parte della sua villa e trasformando il giardino in un frutteto e in un orto.

Le pietre d’inciampo a Bolzano: un itinerario
Il percorso tocca solo alcune delle tappe. Se vuoi conoscere meglio le biografie delle persone e sapere dove sono tutte le pietre d’inciampo, puoi informarti sul sito dell’Archivio della Città.
Le storie raccontano dei frammenti di vita di tutte quelle persone che per un motivo o l’altro hanno vissuto a Bolzano. Tutte persone di diverse provenienze ma che si sono radicate nel tessuto locale, creando rapporti sociali ed economici con la città.
Eccone alcune.
Bernhard Czopp, via Andreas Hoffer 18 (sede di lavoro)
Bernhard Czopp è ucraino e dal 1907 vive a Bolzano lavorando come veterinario comunale. La sua cittadinanza italiana è rievocata in data 1939: da questo momento riceve intimidazioni per lasciare la provincia. E’ catturato in provincia di Vicenza nel 1943 e deportato direttamente nel campo di concentramento di Auschwitz Birkenau.
Si perdono le sue notizie, si sa solo che non è sopravvissuto alla deportazione.

Wilhelm Alexander Loew, piazza delle Erbe 7 (lavoro)
Wilhelm è originario di Vienna. Suo padre, avvocato per la Nunziatura Apostolica di Vienna, si divine tra l’opera e la Santa Sede e Wilhelm segue le orme del padre studiando legge a Vienna.
Durante la Prima Guerra Mondiale è volontario nell’esercito austro-ungarico e si trova in Trentino (allora ancora sotto l’impero) quando sono inziate le trattative per la pace. Trova rifugio in un sobborgo di Trento e si trova ad innamorarsi della figlia della famiglia Cadonna che lo ospitò.
Decide di non far ritorno a Vienna e di stabilizzarsi in Alto Adige.
Nel febbraio del 1944 Wilhelm viene arrestato dalle SS e interrogato nel quartier generale della Gestapo. La sua accusa? Aver rilasciato dichiarazioni contro il regime. Dopo essere stato rinchiuso nel campo di concentramento di Bolzano, viene spostato nel campo di Auschwitz Birkenau dove morì.
Ada Tedesco, via Portici 30 (abitazione)
Ada Tedesco è veronese e ha vissuto a Bolzano tra il 1942 e il 1943. Il 23 settembre 1943 viene arrestata e detenuta nel carcere cittadino e trasferita il 25 giugno in quello di Bressanone. Il 29 agosto viene consegnata alla Gestapo di Innsbruck e deportata nel campo di rieducazione al lavoro di Reichenau.
E’ uccisa nel gennaio 1945 nel campo di sterminio di Auschwitz Birkenau.

Adolf Schwarz, Albergo Posta Europa via Leonardo da Vinci 1
Di origine ungherese, Adolf Schwarz ha vissuto tra il Trentino e l’Alto Adige. E’ un impiegato di banca, ha fatto parte dell’importante comunità ebraica meranese e presidente dell'”Asilo per israeliti malati indigenti”.
Arrestato in Trentino, viene rinchiuso nel carcere di Trento il 20 aprile 1944 e trasferito poi nel campo di Fossili (Emilia Romagna) nel giugno 1944. Il 2 agosto 1944 viene trasferito nel campo di concentramento di Auschwitz Birkenau con l’ultimo treno partito da Fossili.
Oggi l’Albergo Posta Europa non esiste più: troverai al suo posto un negozio.
Famiglia Carpi, via Leonardo da Vinci 20/25
Renzo e Lucia Adele Allegra sono entrambi mantovani e si stabiliscono a Innsbruck: i tre figli sono nati nel capoluogo tirolese. Nel 1933 la famiglia Carpi si sposta a Bolzano, al primo piano dello stabilimento di via Leonardo da Vinci, dove Renzo gestisce anche una piccola rivendita di generi alimentari.
Il 9 settembre 1943 Renzo e il figlio Alberto sono arrestati e detenuti nel carcere di Bolzano. Sempre nel mese di settembre sono arrestate Lucia e le due figlie: la più piccola ha appena 3 anni.
L’intera famiglia viene deportata e rinchiusa nel campo di Reichenau a Innsbruck e in secondo momento spostata nel lager di Auschwitz Birkenau. Nessuno di loro fa ritorno a casa.

Consigli di lettura
Sabine Mayr, Joachim Innerhofer, Quando la patria uccide. Storie ritrovate di famiglie ebraiche in Alto Adige, Bolzano 2017
Sabine Mayr, Joachim Innerhofer, Sprechen über den Holocaust. Die jüdischen Opfer in Bozen, eine vorläufige Bilanz, “Der Schlern” 88 del 2014, fascicolo 3, pp. 4-36
Cinzia Villani, Ebrei fra leggi razziste e deportazioni nelle provincie di Bolzano, Trento e Belluno, Trento 1996
Federico Steinhaus, Ebrei/Juden. Gli ebrei dell’Alto Adige negli trenta e quaranta, Firenze 1994
4 pensieri sparsi
Molto interessante questa idea delle pietre d’inciampo … rappresentano storie importanti che non dovrebbero essere dimenticate
E’ vero: già il fatto di “inciampare” in queste mattonelle ci permette di fermarci un attimo e leggere il nome delle persone. E magari, una volta a casa cercare maggiori informazioni!
Grazie per quest’articolo perché hai fatto nascere in me la curiosità di scoprire se vi sono pietre d’inciampo anche nella mia città. E si, ho scoperto che ce ne sono e anche a portata di mano, o di piede, senza che me rendessi troppo conto. Credo proprio che approfondirò e ne scriverò. Grazie Katia!
Le pietre d’inciampo stanno prendendo piede. Quando le ho scoperte io c’erano solo in Germania poi sono apparse anche qua in Italia: quando si potrà ritornare a viaggiare, vorrei scoprire le storie di Padova e Bologna.
Allora vuol dire che aspetterò il tuo racconto su Bari!