L’intervista di oggi ci ri-porta in una realtà interessante, quella dei musei tattili dove le opere d’arte sono state create per essere toccate. Avevo già intervistato Annalisa Trasatti del Museo Tattile Omero di Ancona che ci ha raccontato la loro realtà. Stavolta ci spostiamo in Lombardia dove ho avuto la possibilità di parlare con Livia Cornaggia che mia ha raccontato come sta gestendo e coordinando il Museo Tattile Varese ai tempi del Covid-19.
La nostra chiacchierata è stata lunga e gli argomenti toccati sono andati oltre alla situazione attuale di come un museo si sta adattando alla pandemia. Non so se è solo una mia impressione ma credo che Covid-19 abbia solo ampliato problematiche già presenti e in questo caso ne ho avuto conferma.
Un turismo che cambia
Il turismo sta cambiando e il turista sta diventando sempre più esigente perché alla ricerca di qualcosa di nuovo e di diverso. Bisognerebbe iniziare a pensare ad un turismo alternativo dove proporre itinerari fuori dalle grandi mete turistiche: un modo per valorizzare meglio le medio-piccole destinazioni e lasciar “respirare” dal turismo di massa le città più turistiche. E’ da valutare anche il turismo esperienziale, una realtà che sta prendendo sempre più piede.
Dall’altra è da riconsiderare la gestione dei beni culturali in Italia: importante fonte economica del nostro paese ma spesso sottovalutata e lasciata a sé stessa. Tanto i turisti visitano l’Italia richiamati dall’arte che abbonda nel nostro paese; perché dobbiamo pensare a rivalutarla e gestirla in maniera differente?
Il discorso è vasto e complesso ma mi piacerebbe pensare che questa pandemia ci faccia vedere le cose in maniera diversa e iniziare a pensare ad un turismo più sostenibile.
Intanto buona lettura!
Presentiamo il Museo Tattile Varese
L’idea di creare un museo tattile nasce nel 2008 e Livia decide di contattare Aldo Grassini, il fondatore del Museo Tattile Omero di Ancona per avere un opinione sul suo progetto. Da allora sono rimasti in contatto: il signor Grassini ha voluto partecipare anche all’inaugurazione del Museo Tattile Varese avvenuta nel 2011.
Ci troviamo di fronte ad una realtà museale davvero particolare dove tutti i sensi sono importanti, ma è la fisicità ad essere il fattore predominante. Soprattutto in un mondo, quello italiano, dove è vietato toccare le opere d’arte e l’arte in sé è qualcosa di astratto, lontano e spesso legato a qualcosa di elitario. Per prima, faccio fatica avvinarmi così tanto agli oggetti che mi trovo davanti quando visito un museo!
Avevo già visitato diverse volte il Museo Tattile Omero di Ancona, il quale punta piuttosto sulla riproduzione di statue dall’epoca greco-romana fino alle opere contemporanee. Il Museo Tattile Varese, invece offre la possibilità di toccare modelli in legno che riproducono aspetti del paesaggio, dell’architettura, dall’arte, dell’archeologia e del design. Completano la visita i percorsi e le installazioni multi-sensoriali attraverso i quali tutti i sensi vengono coinvolti, non solo il tatto.
Durante la nostra chiacchierata, Livia mi dice che sono stati creati 3 modellini tattili che riproducono la struttura delle palafitte di Fiavè, da esporre presso il Museo di Fiavè su commissione della Soprintendenza di Trento. Guarda a caso, neanche un mese prima avevo visitato le palafitte del vicino Museo di Ledro con l’intenzione di visitare poi anche il Museo di Fiavè!
Il Museo Tattile Varese durante la pandemia
Siamo in Lombardia, la regione che ha subìto maggiormente i danni del Covid-19; seguita da Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna. I musei lombardi hanno chiuso prima di tutti gli altri musei nazionali a seguito della prima ordinanza di Attilio Fontana, il presidente della Regione Lombardia del 24 febbraio 2020. Il Museo Tattile Varese ha chiuso per una settimana, riaprendo quella dopo e ritrovandosi chiudere poi per il lockdown con il D.P.C.M. dell’8 marzo.
Questa pandemia ha preso tutti alla sprovvista e in quel momento non c’era ancora la coscienza di ciò che stava succedendo ma solo una percezione nell’aria che stava per succedere qualcosa.
L’hashtag #MuseiChiusiMuseiAperti
Lo staff ha iniziato a pensare come organizzare il lavoro e in che modo continuare a parlare del museo: come comunicare la fisicità di un museo tattile? Cosa si poteva fare online dato che era l’unico modo per rimanere in contatto con le persone? Dopo un momento di ragionamenti, è nato l’hashtag #museichiusimuseiaperti, attivo su twitter e sugli altri social come Facebook e Instagram.
L’idea di base era quella far rete e tenersi in contatto tra musei e operatori del settore culturale: l’iniziativa ha avuto un gran successo, coinvolgendo le strutture culturali ma anche gli stessi visitatori. Vedendo successo del’iniziativa, l’Osservatorio Culturale del Politecnico di Milano ha contattato Livia per avere maggiori informazioni sull’iniziativa. Anche la stampa straniera se n’è interessata, parlandone sui loro giornali.
Questa situazione dimostra di come la comunicazione in generale ma soprattutto sul web sia importante: prima di tutto ha fatto conoscere la realtà del Museo Tattile Varese, dall’altra è nato un fenomeno mediatico che ha dato la possibilità di creare nuovi contatti e nuove relazioni tra musei.
Viene naturale domandarsi perché questo hashtag abbia avuto così tanto. Probabilmente è stato azzeccato il momento in cui è stato lanciato: i musei si sono ritrovati a reagire alla pesante situazione ancora prima che le difficoltà scoppiassero.
La pandemia non ha fatto altro che ampliare le problematiche legate alla cultura e alle realtà museali; ampliando e rafforzando il concetto di appartenenza, si è arrivati al punto di ripensare all’ambito museale. L’Italia presenta diverse realtà culturali, spesso piccole e gestite da privati. Talvolta ci si trova di fronte a delle idee valide ma che purtroppo sono supportate da figure professionali costrette a svolgere diverse mansioni.
Il museo come impresa
La realtà museale italiana è molto diversa da quella estera. Nonostante l’offerta culturale offra un vasto patrimonio artistico, sembra che la sua gestione non vada di pari passo alla complessità e alla varietà dell’offerta. La mentalità italiana relativa ai musei dovrebbe cambiare. Anche quando si parla di cultura, si dovrebbe pensare alle istituzioni museali come se fossero delle imprese economiche.
Da una parte ci sono dei costi ai quali bisogna sopperire: la gestione, il personale qualificato, i restauri, il mantenimento delle opere d’arte hanno un prezzo elevato. Dall’altra dei servizi a pagamento con un pubblico (i consumatori ) che usufruisce un bene (l’arte) ed è disposto a pagare. Un motivo in più per farlo in Italia dato che il nostro patrimonio culturale è immenso e non sempre è possibile arrivare ovunque attraverso i finanziamenti statali.
Dall’altra parte c’è spesso l’incapacità di far rete dei musei italiani. Una buona organizzazione e collaborazione tra essi porterebbe ad un maggior sviluppo delle realtà museali, soprattutto quella lontana dai grandi centri nevralgici. Un esempio? La capacità di far rete potrebbe portare alla creazione di offerte a pacchetto.
Se delle piccole realtà riuscissero ad unirsi, ad organizzarsi insieme con gli orari d’apertura, un eventuale navetta che accompagnasse il visitatore alle varie sedi, del personale qualificato che riesca a raccontare il territorio, le persone non sarebbero maggiormente invogliate a visitare determinate località altrimenti fuori dalla rete principale?
Buone pratiche di museologia e museografia
Oltre al rapporto tra musei, quella che deve cambiare è anche la musealità: il linguaggio deve rendere l’arte accessibile a tutti. Non è possibile usare una comunicazione standard per tutti ma è necessario cambiarla in base a chi ci si trova davanti ed è importante che l’operatore culturale sappia adattarsi al visitatore e non viceversa. Ed è per questo che è importante fare esperienze diverse e nuove perché un museo deve funzionare per tutti, nessuno escluso.
Livia, a riguardo mi ha raccontato di quando appena aperti, è stata contattata dalla Lega del Filo d’Oro per una visita guidata, trovandosi davanti ad una diversa tipologia di utenti alla quale era abituata. E’ in queste situazioni che si capisce di come la comunicazione debba essere diversificata e modulata in base alle diverse situazioni.
Un’altra situazione particolare è stato quando il museo ha partecipato all’edizione del 2017 dell’Alzheimerfest che si è tenuta a Gavirate, in provincia di Varese. Sempre in tema di Alzhaimer, quest’anno è stato creato il progetto “Una mano all’Alzhaimer”.
La trasmissione radiofonica Globtrotter24
Una buona occasione per raccontare il patrimonio artistico ed archeologico italiano fuori dagli itinerari turistici più importanti è la trasmissione radiofonica Globtrotter24 con Valeria De Rosa. Un programma trasmesso su Radio24 che permette di parlare con un linguaggio semplice di destinazioni italiane poco conosciute: in Italia non ci sono solo in grandi centri turistici come Venezia o Firenze.
Questo ha fatto sì che si andasse alla scoperta di piccole realtà, trovando un grande riscontro verso il pubblico.
Ritornando a visitare il Museo Tattile Varese
Al momento è difficile fare previsioni perché stanno cercando di capire come si evolverà la pandemia. E lo è ancora più difficile per una realtà particolare come il Museo Tattile Varese. E’ impensabile occuparsi solo di comunicazione online per un museo dove i sensi sono molto importanti. La visita in loco rimane ancora la parte più importante per il museo.
La struttura è aperta al pubblico ma con dei cambiamenti:
- durante il percorso all’interno del museo è d’obbligo l’uso delle mascherine, l’uso dei guanti usa e getta dati dal museo e l’entrata è limitata a chi non supera i 37.5° di temperatura misurata all’entrata del museo.
Informazioni utili
- Il museo è visitabile solo su prenotazione dal lunedì al venerdì 15.30 – 18,30, sabato e domenica 10.30 -18,30.
- Il numero da chiamare è +39 329 95 13 001 e risponde Livia Cornaggia e il sito è www.museotattilevarese.it.
Il mio consiglio di lettura
Salvatore Settis, Italia S.p.A, L’assalto al patrimonio culturale, Giulio Einaudi Editore, Torino 2002
E’ attivo su Instagram l’hashtag #ItaliaCheRipartirà: utilizzalo per promuovere i centri minori e fuori dal turismo massa e le piccole e medie imprese che operano nel turismo e nella cultura!