Tra i diversi viaggi fatti nelle Marche, ce n’è stato uno un pò più particolare rispetto agli altri: l’itinerario attraverso le abbazie della Valle del Chienti in provincia di Macerata. La tappa finale è stata Tolentino con la sua Basilica di San Nicola da Tolentino, non prevista e decisa all’ultimo.
Ho visitato Tolentino un paio di anni fa e i segni del recente terremoto erano ancora presenti. Per questo non ho potuto visitare i musei civici, ancora chiusi al pubblico, limitandomi al solo passeggio per le strette vie del centro storico.
Ma ho avuto la fortuna di arrivare nei primi giorni di apertura del Cappellone, chiuso da tempo per restauro: erano ancora presenti i grandi teli bianchi e le impalcature dei restauratori ma la maggior parte della struttura era visibile.
Siamo a Tolentino tra l’Umbria, il Parco Nazionale dei Monti Sibillini e Fabriano, la famosa città della carta. Piccola cittadina sulle colline della Valle del Chienti, Tolentino è conosciuta anche per Museo Internazionale dell’Umorismo nell’Arte. Ma il mio racconto si sofferma sulla Basilica di San Nicola, situata nel centro storico: un racconto tra fede, storia e arte.

Chi è San Nicola da Tolentino?
Nicola da Tolentino è vissuto nella seconda metà del Duecento; nato nella Sant’Angelo in Pontano, è detto da Tolentino perché è qui che passò una buona parte della sua vita.
Frate agostiniano, sacerdote sempre disponibile a chi gli chiedesse aiuto e patrono delle anime sante del purgatorio. E’ solo nel 1446 che è stato santificato grazie all’interesse di Papa Eugenio IV, nonostante la sua devozione è iniziata fin dalla sua morte avvenuta nel 1305.
Un segno della sua devozione: i panini benedetti
I panini benedetti sono un segno particolare della devozione a san Nicola, legati ad un episodio della sua vita. San Nicola, gravemente malato, ottenne la grazia della guarigione per intervento della Vergine Maria, che, apparsa in visione, gli aveva assicurato:
«Chiedi in carità, in nome di mio Figlio, un pane. Quando lo avrai ricevuto, tu lo mangerai dopo averlo intinto nell’acqua, e grazie alla mia intercessione riacquisterai la salute».
Il santo non esitò a mangiare il pane ricevuto in carità da una donna di Tolentino, riacquistando così la salute.
La Basilica di San Nicola di Tolentino
La Basilica ha sede nell’antico complesso agostiniano, dove lo stesso San Nicola si assegnò intorno al 1275. Gli eremiti agostiani utilizzarano la struttura per le esigenze della loro vita comunitaria: la comunità si stava ampliando ed è così che nel corso del Duecento la fabbrica per costruire il complesso era ben già avviata.
La costruzione della Basilica accellerò alla morte di San Nicola nel 1305: i fedeli erano tanti, forse troppi per la piccola chiesetta. Gli eremiti dovettero ampliare la struttura per soddisfare sia la vita dei religiosi che per ospitare l’afflusso dei devoti.
Ed è così che intorno al chiostro si svilupparano diversi edifici: ad oggi è possibile notare i diversi dislivelli della planimetria che tesmoniano di come la struttura sia stata costruita in un lasso di tempo piuttosto lungo.
Rimane poco o nulla della chiesa duecentesca. Il risultato attuale dell’interno complesso è dovuto ai lavori di ampliamento del Quattrocento e delle successive modifiche. La sua consacrazione è avvenuta il 31 ottobre del 1465 da parte del vescovo di Camerino e dedicata ufficialmente a San Nicola.

L’architettura della Basilica di San Nicola da Tolentino
La bianca facciata della Basilica è in netto contrasto con l’interno barocco. L’autore della facciata è lo scultore Nanni di Bartolo detto il Rosso ed eseguita nel 1435. Nel corso dei secoli facciata e relativa piazza furono modificate:
- 1519 la piazza venne pavimentata.
- 1630 la facciata venne modificata da Florindo Orlandi di Cagli.
- 1757 lo scalpellino Giovanni Andrea Ascanida Sant’Ippolito di Pesaro si occupò del restauro e del completamendo della facciata.
Sicuramente oltrepassando il portale tardomanierista in travertino non ci si aspetta lo sfarzo dell’interno dovute alle decorazioni barocche.
Come è successo a me, avrai bisogno di un attimo per riprenderti dallo shock artistico. La grande navata è formata da otto cappelle che si aprono ai lati, il soffitto è a cassettoni in legno dorato con delle statue a tutto tondo e tantissimo sfarzo, tipico dell’epoca barocca. L’autore del soffitto è l’intagliatore Filippo da Firenze, mentre sono diversi gli artisti che hanno decorato le cappelle.
La Cappella delle Sante Braccia
La Cappella delle Sante Braccia, così come noi l’ammiriamo oggi, è il risultato dell’ampliamento avvenuto nel Seicento dell’antica sagrestia. Lo spazio è formato da tre vani successivi tra loro per ospitarvi le reliquia delle Sante Braccia, le braccia del Santo venerate dai fedeli.
Oggi, le reliquie sono custodite nel forziere di ferro posto dietro all’altare situato nel terzo vano e protette da un’inferriata d’oro. I fedeli erano tanti e si è avuto, per questo, la necessità proteggerle dal forte afflusso di persone.
Nel secondo vano, sono stati posti due grandi quadri come ex voto di miracoli fatti attraverso i panini di San Nicola e rappresentano: Matteo Stom, L’incendio del Palazzo Ducale di Venezia del 1483 e la Peste a Genova.
Dopo il restauro degli anni Novanta del secolo scorso, sono stati esposti i sacri arredi legati alla devozione al Santo come le vesti liturgiche appartenute allo stesso San Nicola e indossate per celebrare le Sante Messe. I manufatti, come l’alba e la casula, sono contenuti nelle due bacheche.

Il Cappellone
Siamo nel luogo più conosciuto della Basilica: il Cappellone! Quando l’ho visitato, l’avevano appena aperto dopo un periodo di restauro: ancora c’erano le impalcature e i restauratori dovevano concludere con gli ultimi ritocchi agli antichi affreschi.
Uno spazio ristretto tutto affrescato, dove non si trova neanche un minimo spazio lasciato libero. Al primo impatto, può sembrare di essere nella Cappella degli Scrovegni di Padova: lo stile pittorico e i colori usati assomigliano molto a quelli dell’artista Giotto. Non c’è da meravigliasi perché l’influenza giottesca è presente se si pensa sia alla vicinanza all’Umbria (e alla Basilica di San Francesco ad Assisi) e al periodo in cui è stato fatto l’affresco che risale verso gli inizi del Trecento.
Oggi è il luogo i cui il Santo è stato sepolto ma si suppone che il cappellone fungesse da sala capitolare del monastero. Ed è per questo che si fa risalire alla sua costruzione alla fine del Duecento. Gli affreschi rappresentano la vita e la morte di San Nicola da Tolentino e si pensa che siano stati creati dall’artista Pietro da Rimini con la sua bottega.

Il chiostro
L’ammetto: io ho un debole per i chiostri. Mi danno sempre questo senso di tranquillità e mi estraniano dal mondo esterno. Ed è quello che mi è successo pure qua: di solito, il chiostro è il regno del silenzio, della serenità e della pace.
Si pensa che questo sia il chiostro più antico tra gli ordini mendicanti ed è qui che probabilmente San Nicola abbia passato una buona parte del suo tempo. La sua piccola cella era situata proprio qua, nella parte meridionale del chiostro: ora è stato allestito l’Oratorio della Comunità agostiniana. Mentre nel lato nord-est è collocato il Pozzo di San Nicola.
La sua costruzione ha conosciuto diverse riprese nel corso del tempo e si pensa che la progettazione sia iniziata già nel Duecento. E’ solo alla fine del Trecento che si hanno dei dati certi relativi alla realizzazione grazie all’opera della locale corporazione di mastri carpentieri, falegnami, scalpellini lombardi.

Informazioni utili
- La Basilica di San Nicola si trova in piazza Traversa San Nicola.
- L’entrata è gratuita alla Basilica mentre è a pagamento il museo.
- Prima di recarti alla Basilica e al museo ti consiglio di consultare www.sannicolatolentino.org per le relative aperture. La Basilica ha un’orario ridotto per via della pandemia. Il museo dovrebbe essere ancora chiuso dopo i problemi strutturali dovuti al terremoto del 2016.


